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viernes, 30 de septiembre de 2011

Style.it 2009


La nostra inviata speciale Ilaria Bellantoni ha setacciato i bar catalani a caccia di super appetizer. Leggete come è andata.

Più che a Pinocchio, Juanito assomiglia a Geppetto, che se fosse esistito davvero, avrebbe di certo riso con gli occhi come fa questo signore di 75 anni tutte le volte che ti serve un vermut. «A un certo punto della mia vita, Collodi divenne un'ossessione. Così, quando mi regalarono un cagnolino, lo chiamai Pinotxo e finii col dare al mio bar lo stesso nome», trilla con la sua voce ancora d'argento.
Siamo a Barcellona, al mercato della Boqueria, uno dei più amati dai gourmet d'Europa che si mettono in fi la con le massaie e gli chef per comprare frutta e verdura, ma anche pesce e cioccolatini e caramelle incartate ancora una per una davanti ai loro occhi. Poi, intorno alle 11 del mattino, fanno il primo giro di tapas opicapica, come si dice da queste parti. Si siedono al bancone di Geppetto e ordinano crocchette di merluzzo, calamari fritti, sardine marinate all'aceto, tartellette di granchio.
Visto che si pranza tra le 14 e le 16 e non si cena prima delle 21.30, tra un pasto e l'altro ci sono gli assaggini ora firmati da cuochi con le stelle Michelin. La loro storia inizia in una taverna andalusa, dove un cameriere ebbe l'intuizione di poggiare una fetta di pane su un calice di vino (tapa sta per coperchio) per allontanare le mosche. Dopo qualche tempo, un collega ci fece cadere sopra del jamón serrano e dopo il prosciutto crudo arrivarono infi nite ghiottonerie salate. E insomma, voilà le tapas.
Si consumano a qualsiasi ora del giorno, stimolano l'appetito e rallegrano la conversazione anche in tempi di crisi: «Perché ti basta una manciata di euro per uscire e distrarti con gli amici», spiega Matias Gravenhorst, imprenditore. Da che il tasso di disoccupazione è arrivato al 19% e Zapatero si è meritato l'appellativo di "Mister Bean" per la poca abilità ad affrontare realisticamente la recessione, tutti si lamentano ma nessuno rinuncia a divertirsi. «Perché qui si lavora per vivere, non il contrario», continua Matias. «Se ieri ti prendevi due whisky e mangiavi cinque tapas, oggi le riduci a due e bevi una birra.
La convivialità è un bisogno primario, da noi». E i bar sono sempre pieni. Lo constato mentre mi avventuro nel Born, un labirinto medievale di stradine costellate di atelier e pasticcerie, come la storica Granja (Carrer de Petritxol 2), che prepara la migliore cioccolata calda della città, con la panna montata ancora a mano e i churros (frittelle) più leggeri e croccanti che abbia mai assaggiato. Supero il Museo di Picasso, sbuco proprio di fronte alla chiesa gotica di Santa Maria del Mar e all'enoteca La Vinya del Senyor, e proseguo fino a Bubò(Caputxes 6-10, tel. +34 932687224), il bar di Carles Mampel, campione mondiale di torta al cioccolato che sforna dolci curati come accessori di moda e "tapas di design" che arrivano in tavola sotto forma di lecca lecca di parmigiano, plumcake di funghi e bacon, bon bon di formaggio di capra e lamponi, mini sandwich alti come i panini-grattacielo che faceva Gualtiero Marchesi negli anni Sessanta.
Da Lonja de tapas, deciIne di bocconcini mi tentano, ma io passo. Nella stessa piazza c'è la coda per entrare da Cal Pep, famoso per le tapas di pesce e per il "trifasic", misto di calamari, bianchetti e gamberi. Da El Xampanyet, invece, si va per l'atmosfera e per il tonno con le olive farcite ai peperoni. Ma in Catalogna anche i baschi ci provano. A prenderti per la gola, intendo. Da Irati (Cardenal Casanas 17, tel. +34 933023084) con ipintxos: fette di baguette ripiene di ogni bendiddio.
Ma l'ultima novità sono le tapas griffate: nueva cocina española a prezzi democratici. Da quando Carles Abellán, discepolo di Ferran Adrià, ha inaugurato Comerç 24 manda in tavola 4 o 5 piattini creativi alla volta. «Oggi abbiamo una stella Michelin e si deve prenotare con almeno un mese d'anticipo per provare il menu degustazione Gran Festival», avvisa il manager Marc Martinez. Dalla cucina escono consommé di uova, tartufo e parmigiano e tonno-pizza-sashimi: «Preferisci qualcosa di tradizionale? Vai da Tapaç 24, il nostro bar più popolare», consiglia lanciandomi un'occhiata da snob del gusto. Il Tapaç 24 è all'Eixample, nello stesso quartiere della Casa Batlló di quel genio del señor Gaudí e della Sagrada Família, il suo esagerato progetto iniziato da più di cento anni e ancora incompleto: anche se mancano all'appello una decina di torri, si dice che la basilica sarà consacrata da papa Benedetto XVI il prossimo novembre.
Quando ordino il bikini, compare un paninetto con prosciutto e mozzarella di bufala. Tocca provare le crocchette di prosciutto e la coca, una focaccina con acciughe e peperoni. Da bere birra Moritz, por favor. Poi, sono pronta per Inopia Clàssic Bar, il gastrobar di Ferran Adrià, il più grande chef vivente che nel 2012 chiuderà El Bulli e se ne andrà in vacanza. «Hai idea di che pressione ci sia a essere il migliore del mondo?», mi chiede Joan Martinez.
Ex camionista, è cresciuto con i fratelli Adrià, e Albert, il minore, gli ha chiesto di gestire il suo bar, quello del ritorno alle origini: niente idrogeno e sifoni, ma insalata russa, pane e pomodoro, prezzi decenti. Gli affari vanno così bene che ha dovuto assumere un buttafuori per regolare il fl usso di gente che all'inizio si strattonava per mangiare in piedi le patatas bravas, le patate "coraggiose" con la salsa piccante, a 3,50 euro.
«Se c'è qualcosa che assomiglia alla realtà è pura coincidenza», ha fatto scrivere sul muro Albert Adrià . Qui lavorano gli stessi cuochi che al Bulli, sulla Costa Brava, hanno fatto il "servizio militare", ossia venti ore al giorno ai fornelli per sei mesi di fi la. Uno di loro è indiano e mi passa dei cubetti di melanzane fritte con la melassa che mi fa venire voglia di stampargli un bacio in faccia, tanto sono delicate. Ha ragione Ferran: un'ottima sardina è sempre meglio di un'aragosta mediocre.

jueves, 29 de septiembre de 2011

Cuisine & vines


Tapas 24

    
                                                                                      ☝de espalda! 

Carles Abellán fue discípulo del gran Ferran Adrià, trabajando con él codo a codo en El Bulli, que año tras año es proclamado mejor restaurante del planeta. Algo debió de aprender Abellán durante este tiempo, porque se decidió a emprender, con gran éxito, sus propios proyectos.
El primero fue Comerç 24, en pleno barrio del Born. Un restaurante incluído en la famosa Guía Michelín. Después llegó Tapas 24 (cuyo nombre original era Tapaç 24) con un concepto que en una ciudad como Barcelona era triunfo seguro: un local abierto desde primera hora del día hasta la madrugada (de 8 de la mañana a 12 de la noche), que usa materia prima de calidad para elaborar platos clásicos del tapeo barcelonés.
Es este horario flexible el que nos permite llegar una mañana cualquiera, después de esas largas noches quemando suela por la ciudad, y tomarnos un bikini (adaptación del clásico sandwich, con mozzarella, jamón ibérico y aceite de trufa) en la barra delTapas 24 antes de irnos a dormir; o deleitarnos con algunas de las conservas en lata a la hora del vermut (unas anchoas del cantábrico o unos mejillones picantes, por ejemplo); o cenar tarde, después de ir al teatro o al cine. Si la comida del local es buena, el horario es mejor.
¿Qué se come en Tapas 24? Además del mencionado y famoso bikini de la casa, son notorias sus bravas, las bombas de la Barceloneta (patatas rellenas con carne y salsa picante), la hamburguesa McFoie (el nombre lo dice todo), los huevos estrellados, la ensaladilla rusa (quizás la mejor de la ciudad), los calamares a la romana en su tinta... todo ello regado con un buen vino (tienen una carta interesante) o una Moritz, la clásica cerveza de Barcelona.
También hay platos de cuchara, para los que no se conforman con las raciones: lentejas estofadas con chorizo, rabo de toro, arroz negro con sepia...
La situación del local, en pleno Eixample, a dos pasos de las Ramblas, hace que el bar esté siempre lleno, por lo que es conveniente llegar muy pronto o muy tarde. No os molestéis en llamar porque no admiten reservas.
http://www.nomadea.com/barcelona/tapas-24.html


elPeriódico.com- Gourmet´s

El Canalla

Platillos, tapas y cocina de carbón
Ciudad: 
Barcelona
Provincia: 
Barcelona
Dirección: 
Major de Sarrià, 95
Teléfono: 
 
93 205 88 06
En el barrio barcelonés de Sarrià, se abre el poco convencional Bar Canalla al que los propietarios han querido dar un aire años 50 –han contado con la colaboración de lapintora y artista Laia Armengol– a base de empapelar susparedes con recortes de diarios e imágenes de conocidoscanallas y villanos que transportan a un tiempo mítico, aunque luego llega la propuesta culinaria para sorprender con sabores de la cocina actual y hacer regresar al presente, cómodamente instalados en su terraza al aire libre. El equipo de cocineros está formado José Ignacio Saibene, Josep Llorenç y Javier Sanvicente Caro, que compartieron fogones en la cocina de Carles Abellan y que durante los siete días de la semana, de 13.00 a 1.00 de la madrugada, ofrecen gastronomía pura y dura. Imprescindible su vermut a base de ostras, tartar de tomate, mejillones al horno de carbón, o su entrecot Nebrasca para compartir, también cocinado al carbón. Y el mejor final, pie de naranja coronado por merengue italiano y uno de sus conocidos gintónics, al que añaden desde regaliz hasta jengibre. 

Barcelona-metropolitan.com 28 junio 2011

Barcelona restaurants: bar-canalla - (barcelona-metropolitan.com)



I like going to Sarrià. It always feels like going to a classy, quiet country town somewhere; provincial without being prissy and good for browsing the kind of stores that sell organic kids clothes, tea from Fortnum and Mason, and hand-stitched patchwork quilts. It’s genteel, in other words, and a far cry from the throngs that mob the Rambla this time of year. It’s true to say there are few tourists of any kind in Sarrià and it’s a charming place to escape to a sunny plaça and quietly watch the world go by and, of course, get some good eating done, which is the main reason I go anywhere.


So it was myself and a couple of friends who headed uptown one sunny evening in July to check out the newly-opened Bar Canalla —one of the new breed of Quimet i Quimet-style places that put emphasis on resurrecting a distinctive Catalan style, as opposed to the ‘designer’ sameness of so many places that look identical from Bangkok to Bognor—and headed by the reassuring pedigree of chef Ignacio Saibene, formerly of Comerç 24 and Tapas 24.
On first inspection, it is a proper bodega with wine bottles lining the walls and old tin lanterns hanging over a bar laden with conservas. Only on venturing further into its depths do you realise there is a small, informal dining room at the back, papered with yellowing newspapers, while upstairs is a more glitzy affair with dark wallpaper emblazoned with magnolias, a leather Chesterfield against one wall and abundant candles: great for a date or a gathering of friends.
My favourite place when eating tapas, though, is at the bar, so we squeezed into a corner and ordered vermut, only to discover they only stock Martini rosso. A bit odd for a place so clearly focused on preserving the Catalan spirit, frankly, but it did the job, especially with a side of boquerones and anchoas.
Since moving to Barcelona 10 years ago, I’ve become passionate, verging on obsessive, about both these versions of the humble anchovy since my only experience of them prior to this was of the thin, hard, slimy and greyish variety you got in tin cans back in England. My first L’Escala anchovy was a revelation and so I urged one of the friends I was with—a self-confessed anchovy-hater—to
PHOTO BY RICHARD LEE OWENS
Bar Canalla
95 Major de Sarrià Barcelona
RELATED
Worth a butcher's: Caldeni
Ciao bella: Bacaro
at least try one.
“They’re not bad,” he agreed with a tight smile, which coming from someone who is anti-anchovy is high praise indeed. I’m here to tell you they were excellent: plump, pink, not too salty, dense and fleshy, just as they should be and the boquerones weren’t bad either. The oysters, I’m assured (alas I’m cursed with an allergy to them so can’t report on these), were just the right balance of richly creamy textures and ozoney juiciness.

Gastronomía Alternativa

Gastronomia Alternativa
Revista Digital de Gastronomía y Enología


Bar Canalla Tapas Restaurante Barcelona
http://www.gastronomiaalternativa.com/ga-3_278-bar-canalla-tapas-restaurante-barcelona.html


Situémonos en el barcelonés barrio de Sarrià, un pueblo incorporado a la ciudad en el año 1897. Perdida su independencia, ganado un ferrocarril que lo comunicaba con la Plaza de Catalunya, Sarrià ha mantenido su carácter, al margen de los ataques especulativos que acabaron con tantos lugares concretos de mi ciudad.

El novísimo Bar Canalla ha conseguido potenciar su imagen de bareto Canalla de barrio de los años cincuenta a base de empapelar sus paredes con recortes de diarios, entre ellos fotos de Count Basy, forrar los altillos y reservados con diseños psicodélicos y llevar las estanterías de los alcoholes hasta el techo. Comedores interiores, altillo y una barra de mármol de una antigüedad notable acaban de definir un ambiente en el que la clientela disfruta de una comodidad vital total. Es una recuperación del bar de tapas de toda la vida, tan de barrio que tiene su terraza al aire libre de la plaza de Sarria.


De lo que se come, tanto en plan tapa como en el apartado platillos, es responsable un equipo de cocineros dirigidos por Ignacio Saibene, un joven chef que nos ha dado excelentes platos y medias raciones en los restaurantes Comerç 24 y Tapas 24. Bajo todas estas directrices es fácil entender el lleno de un establecimiento en el que cabe practicar el alegre vermut a base de ostras, alcachofas cocinadas en horno de carbón, o las indispensables patatas bravas, que parecen tener su origen entre la iglesia de Sarrià y el famosísimo Bar Tomas. .Si se quiere convertir estas tapas Canallas en entrantes de un menú, como ha sido mi caso, se trata de incorporarlas en un menú en el que se puede probar de todo un poco, sin olvido de las latas, mejillones en escabeche con pedigrí gallego, aceitunas de diversas procedencias o carnosas anchoas. Excelentes. las ostras valen la pena como primera aproximación a este bar rico supuestamente pobre. Son Gurier numero 3 y salen a 2,2 euros la unidad.

Buena, la clásica ensaladilla rusa, sin esferificaciones ni aportes tecnológicos, jugarretas que lo único que hacen es aumentar la factura y delicados los mejillones, preparados, al igual que las alcachofas, en un horno de carbón. En el caso de las alcachofas la cocción la realizan primeramente con un poco de agua para no secar el producto y luego, se les da el punto en el grill de la parte superior del horno. A 4 ,5 euros la ración son puro producto de temporada, cocinado en hornos compatibles con las estrictas normativas urbanas .

A un precio muy adecuado, 12 euros, los “sepionets”, las sepias diminutas, eran de notable frescura, una virtud que el chef ha sabido potenciar con una cocción ligera, enriquecida por un aceite de calidad. He acompañado este plato con un vino blanco que se está poniendo de moda, el verdejo 2010 etiquetado Afortunado. Ha creado tantas pasiones como las conseguidas por otro blanco de Rueda notable, el Perro Verde. Se sirve a copas y va muy bien con las ostras.

He dejado para otro día de apetito poderoso el apartado huevos Canallas, lo mismo que el entrecot de Nebraska y el chuletón, todos ellos cocinados al carbón, aptos para comer en grupo de más de dos, para pedir otro platillo recomendable, los pies de cerdo deshuesados. Estaban salseados con conocimiento de causa, a base de una salsa española, elaborada únicamente con huesos de cerdo, más una bresa de verduras cortadas microscópicamente. Bien elaborada, untuosa, sin excesos grasos, envuelve el corte de pie de cerdo compactado. Hay que probarlo antes de que pierda temperatura para aprovechar al máximo su sensual textura. Lo acompañé con un tempranillo riojano del añada 2009, un Jardín Rojo, ligero y bien elaborado, sin complejos enológicos.


El capitulo postres nos tienta con una ganache de chocolate, una crema catalana, indispensable en un establecimiento que hace guiños a la cultura culinaria popular, flan de queso y un “pie” de naranja, coronado por un merengue italiano. La base de este postre quizás resulta algo dura, pero la crema de naranja y el merengue dan el resto de juego, un juego que cuesta 4,5 euros, lo que hace las delicias de los muchos mileuristas de una ciudad que Eduardo Mendoza calificó de los prodigios. Como toda la carta del Bar Canalla, es decir la que se sirve en las barras, o en los salones dónde se come en las mesas, a la manera de los Villanos, responde a una oferta económica muy bien elaborada, garantía de que Canalla va a tener fieles comensales de todas las edades, lo que es un redescubrimiento que tendría que hacer meditar a muchas cabezas ancladas en la gastronomia efectista .

Miquel Sen
Abril 2011